Perché ancora oggi è così importante vaccinare i nostri animali e come è più corretto procedere? Ne abbiamo parlato con la professoressa Paola Dall’Ara, docente di Immunologia veterinaria e di Malattie infettive del cane e del gatto dell’Università degli Studi di Milano e autrice del libro Vaccini e vaccinazioni degli animali da compagnia, pubblicato a maggio 2020 dalla casa editrice EDRA.
Buongiorno Professoressa, potrebbe spiegarci come mai è importante vaccinare i propri animali domestici?
I vaccini rappresentano ancora oggi la misura sanitaria di maggior successo nella pratica medica e veterinaria e lo strumento di prevenzione più efficace che abbiamo a disposizione per combattere malattie gravi e a volte mortali. Proprio grazie alle campagne vaccinali portate avanti a livello mondiale, alcune malattie sono scomparse dalla faccia della Terra (il vaiolo dell’uomo e la peste bovina), mentre altre lo sono solo apparentemente. Le malattie di cui si sente parlare sempre meno non sono affatto debellate, ma sono semplicemente dietro l’angolo, e stanno lì proprio grazie all’ampia copertura vaccinale (poliomielite nell’uomo ed epatite infettiva del cane ne sono un esempio). Ed è proprio per questo che bisogna continuare a vaccinarsi e a vaccinare i nostri animali: per evitare che tali patologie si ripresentino con numeri massicci.
Purtroppo “le malattie non rispettano le frontiere” e in un mondo sempre più globalizzato non bisogna mai abbassare la guardia. Basti pensare ad esempio al problema delle importazioni illegali di cuccioli dai paesi dell’Est: il 50% di questi arriva a destinazione in Italia malato e molti muoiono nei 3 giorni successivi all’arrivo o vengono sottoposti a cure molto costose per cercare di salvarli. A ciò si aggiunge l’elevato numero di cani randagi (per alcune regioni soprattutto del sud) e di gatti di colonia, che raramente vengono visitati e vaccinati e che di conseguenza possono veicolare patogeni di diverso tipo ed essere fonte di malattia anche per gli animali di proprietà.

Quali sono le vaccinazioni obbligatorie?
Su questo punto è opportuno fare un’importante precisazione. L’aggettivo “obbligatorio”, infatti, viene non di rado usato a sproposito come sinonimo di “raccomandato” per indicare quelle vaccinazioni del cane e del gatto irrinunciabili e vivamente consigliate da tutta la comunità scientifica per malattie molto pericolose e spesso mortali: cimurro, epatite infettiva e parvovirosi per il cane e di panleucopenia, herpesvirosi e calicivirosi per il gatto. Ma nessuna di queste vaccinazioni è obbligatoria nel senso di “prevista e imposta per legge o da altre disposizioni normative”, ci sono solo i dati epidemiologici e il buon senso dei veterinari. Certo, in alcune situazioni una vaccinazione può diventare obbligatoria, e l’esempio più calzante è la vaccinazione antirabbica: in Europa, tale vaccinazione è assolutamente necessaria per la movimentazione internazionale di cani, gatti e furetti, mentre in alcuni paesi dove la rabbia è endemica tale vaccinazione viene richiesta dalla normativa vigente.
Ci sono dei rischi nel vaccinare?
I vaccini sono tra i farmaci più sicuri, se non addirittura i più sicuri, e di questo parere sono tutte le autorità mediche e veterinarie mondiali: le reazioni avverse che compaiono in seguito a una vaccinazione sono eventi estremamente rari, sempre inferiori a 1 reazione ogni 10.000 dosi vendute. Bisogna infatti sempre ricordare che l’efficacia e la sicurezza dei vaccini vengono scrupolosamente controllate prima della loro immissione in commercio tramite attente sperimentazioni cliniche per evidenziarne anche gli eventuali effetti collaterali, e dopo la loro commercializzazione con il monitoraggio costante dei loro effetti attraverso il ben collaudato sistema della farmacovigilanza.

Malgrado questi dati inconfutabili, però, da quando esiste la vaccinazione esiste anche la paura dei vaccini e dei loro effetti collaterali. Questa “esitazione vaccinale” (in inglese “vaccine hesitancy”) è oggi amplificata dalla facilità di diffusione attraverso i social media di fake news riguardanti millantati effetti collaterali spaventosi conseguenti alla vaccinazione. Non mi stancherò mai di ripetere, in ogni occasione e in ogni congresso, che dei vaccini non dobbiamo avere paura: il beneficio conseguente alle vaccinazioni, rappresentato dalla prevenzione di malattie potenzialmente gravi se non addirittura mortali, supera infatti sempre di gran lunga il rischio correlato a queste. Decidere di non vaccinare senza un reale motivo medico alla base, ma solo per superstizioni o per paure generate da bugie, è molto grave, perché ne risente tutta la comunità. La vaccinazione è infatti un fenomeno collettivo e non un atto individuale, e decidere di non vaccinare il proprio figlio o il proprio pet perché “tanto gli altri si sono già immunizzati” è un ragionamento non solo sbagliato ma anche, e soprattutto, deprecabile.
Peraltro, quando si parla di vaccinazioni non bisogna mai nascondere la possibilità – seppur rara – di insorgenza di un evento avverso: nella maggior parte dei casi si tratta di eventi che si risolvono spontaneamente, ma in alcuni casi, molto più rari, si possono sviluppare reazioni clinicamente rilevanti, che, prese in tempo dal medico o dal veterinario, si risolvono completamente.

A che cosa servono i richiami delle vaccinazioni?
Quando un organismo viene esposto a un patogeno mai incontrato in precedenza, la risposta immunitaria che ne consegue, definita “risposta primaria”, non è in genere particolarmente efficace o duratura: il sistema immunitario si attiva per combattere quel patogeno ma, essendo la prima volta che lo vede, ci mette un po’ di tempo per organizzare le difese. Nelle successive esposizioni allo stesso patogeno, la risposta che ne consegue, definita “risposta secondaria”, è ben diversa e molto più efficace e duratura della precedente. Questa risposta protettiva è gestita dalle cosiddette “cellule della memoria” generatasi durante la risposta primaria e in grado di riattivarsi velocemente in caso di successiva esposizione allo stesso patogeno. È per questo motivo che nella stragrande maggioranza dei casi non ci si ammala una seconda volta dopo essere guariti da una malattia, ed è proprio su questo concetto che si basano i richiami vaccinali: hanno lo scopo di mantenere sempre viva la memoria del sistema immunitario, montata in seguito alla prima vaccinazione nei confronti di un determinato aggressore. Il medico veterinario procederà negli anni con i richiami vaccinali, ma agirà in maniera diversa a seconda del tipo di vaccino utilizzato e della situazione epidemiologica, proponendo di volta in volta richiami annuali e/o triennali per le diverse malattie.
Perché le vaccinazioni vengono fatte in specifici periodi dell’anno?
Decidere di vaccinare in particolari momenti dell’anno è una pratica che può avere una certa utilità per alcune malattie, ma non avrebbe senso generalizzare il concetto e applicarlo sistematicamente. Quando si utilizzano vaccini non infettivi (morti, spenti, inattivati, sono tutti sinonimi) che possono essere meno “bravi” dei vaccini vivi nello stimolare a lungo il sistema immunitario, vaccinare in particolari periodi dell’anno può essere giustificato per aumentare le probabilità di protezione. È questo, ad esempio, il caso della vaccinazione per la leptospirosi canina che stimola un’immunità protettiva per un anno: il richiamo annuale è consigliato in primavera per garantire la migliore protezione possibile dei cani durante i mesi con il più alto tasso di infezione (il freddo inattiva le leptospire nell’ambiente). Tra l’altro questo è il classico esempio di vaccinazione per la quale non si può assolutamente applicare la regola dei richiami ogni 3 anni, pena la perdita di protezione e lo sviluppo della malattia.

Per contro, vaccinare più spesso di un anno non aumenterebbe né l’efficacia della vaccinazione né la durata della protezione in quanto tutti i vaccini in commercio riportano nel loro foglietto illustrativo una durata di immunità (DOI) minima di almeno un anno. Un altro esempio di vaccinazione “stagionale” può essere quello per la prevenzione della malattia di Lyme (borreliosi), malattia del cane trasmessa da alcune zecche: per far sì che la vaccinazione svolga l’effetto immunizzante desiderato (anche in questo caso il vaccino è di tipo non infettivo), è opportuno effettuarla prima che il cane venga in contatto con una zecca infetta, prevedendo poi richiami annuali preferibilmente prima della stagione primaverile.
Anche altre malattie possono avere una stagione “prediletta” con un numero maggiore di casi di malattia: questo è ad esempio il caso della parvovirosi canina, che si manifesta con vere e proprie epidemie soprattutto estive che interessano canili e anche allevamenti, dove il virus trova sempre soggetti facilmente infettabili, e della panleucopenia felina, che si manifesta soprattutto nel periodo estate-autunno con casi che interessano gatti di colonia e gattili per l’alto numero di soggetti non vaccinati, e più raramente allevamenti. Queste malattie vengono però tenute sotto controllo da vaccini vivi attenuati, molto più bravi dei vaccini spenti nell’indurre rapidamente un’immunità efficace e duratura nel tempo: per questo motivo, i richiami vaccinali possono essere eseguiti in qualsiasi momento dell’anno senza il rischio di rotture di immunità e quindi di perdita di protezione.
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