In primavera ed estate sono i signori incontrastati dei cieli italiani, i rondoni infatti, tornando nella loro migrazione, all’incirca dalla metà di aprile, per nidificare nel bel paese, si esibiscono in eccezionali acrobazie aeree per poter acchiappare con il largo becco tutti gli insetti aerei di cui vanno ghiotti. Abita l’Europa, l’Asia centrale e l’Africa nord-occidentale; le varie popolazioni sono migratrici e svernano nell’Africa meridionale, in Italia è un comune nidificante estivo e si possono riscontrare tre specie: Rondone comune (Apus apus), Rondone pallido (Apus pallidus) e Rondone maggiore (Apus melba).

Questo volatile appartiene alla famiglia degli apodidi e possiede parecchie peculiarità che lo rendono incredibilmente unico nel suo genere; non hanno alcuna parentela con le rondini (Hirundo rustica) con cui spesso vengono confusi. Detiene il record di 110 km/h in volo orizzontale e può raggiungere dai 160 ai 220 km/h in picchiata, impresa non da poco per uccelli della sua taglia; velocità analoghe sono raggiunte solo da uccelli di taglia notevolmente maggiore quale il falco pellegrino (Falco peregrinus).
Vivono quasi esclusivamente in volo: sono abilissimi in picchiate, cabrate e virate, si nutrono cacciando mosche e zanzare, bevono volando rasenti al pelo d’acqua, raccolgono materiali per il nido, maschio e femmina talvolta si incontrano in cielo per un funambolesco accoppiamento aereo e riescono anche a pulirsi le piume a colpi di becco, se nell’operazione perdono leggermente quota la recuperano in breve con qualche battito d’ali.

Ad eccezione dei genitori impegnati a nutrire i piccoli nel nido, questi uccelli riposano raramente a terra e l’unica camera da letto che frequentano è costituita dagli strati d’aria calda situati ad alta quota, così di notte il rondone si lascia andare al sonno in planata su questi materassi d’aria tra i 1000 e i 2000 metri d’altitudine riducendo al minimo i movimenti e riuscendo così a riposare mentre si trova in balia delle Correnti. A tale scopo adotta un sonno uniemisferico, ovvero dorme con un solo emisfero del cervello mentre con l’altro continua a controllare il volo; tuttavia tale modalità di sonno, documentata con registrazioni elettroencefalografiche in molti cetacei ed in alcune specie di uccelli, non è mai stata dimostrata direttamente nel rondone. Secondo alcune stime in una vita il rondone percorre fino a 5 milioni di chilometri, pari a 125 giri della Terra.
Talvolta e soprattutto le coppie con prole riposano su muri, rocce e nei siti di nidificazione tenendosi aggrappati con le poderose unghie; non si fermano mai spontaneamente sui fili, sui rami degli alberi o sul terreno, a causa della caratteristica conformazione degli arti inferiori. Le sue zampe sono infatti molto corte, il risultato di un efficace adattamento evolutivo che come robuste tenaglie consentono all’uccello di aggrapparsi saldamente alle pareti verticali.
Purtroppo questa conformazione anatomica non permette loro di prendere il volo da terra ma solo lanciandosi da una certa altezza. Nei primi due anni di vita i rondoni non si riproducono, le coppie invece nidificano in colonie nelle cavità dei muri, sotto le grondaie, sotto i cornicioni, nelle fessure delle rocce e sulle scogliere. Nutrendosi esclusivamente in volo, sono costretti al digiuno nei giorni di pioggia e se questi si protraggono possono indebolire o in casi estremi decimare la colonia.
Generalmente gli adulti partono poco prima che i piccoli abbiano spiccato il primo volo e per breve tempo i giovani rimangono da soli nel nido. Prima della partenza (all’incirca nel periodo che va da fine luglio a settembre) tutti gli individui si radunano in schiere e sorvolano per l’ultima volta i territori di nidificazione.
Se sopravvivono alle intemperie questi uccelli, grazie alla loro velocità, non temono alcun predatore e vivono in media 13 anni ma sono documentati casi di individui che hanno superato i 20. Purtroppo a causa delle loro zampe così corte soprattutto per quanto riguarda i giovani che devono involarsi per la prima volta non è raro che fallendo, in particolar modo a seguito di giorni di pioggia che come suddetto li portano al deperimento, si ritrovino al suolo e non riescano a spiccare il volo, in tal modo si rendono vulnerabili a vari pericoli come ad esempio macchine, gatti randagi o comunque destinati all’inedia in quanto differentemente da altre specie di uccelli quali i passeracei, i genitori non possono raggiungere il piccolo per nutrirlo a terra altrimenti sarebbero destinati alla stessa sorte.

Anche l’adulto al pari del giovane non può riprendere il volo dal suolo perciò ritrovarlo equivale spesso a riscontrarlo in uno stato di difficoltà. Il rondone adulto si distingue dal giovane perché quando le ali dalla struttura falciforme sono in posizione di riposo si incrociano sul dorso superando la coda di circa 2-3 centimetri.
Un rondone adulto che non riporta ferite può tornare a volare con una semplice operazione di lancio operata sollevando l’animale con le mani sopra la testa e lasciando che esso si lanci da solo premunendosi di trovarsi su un terreno erboso per attutire l’eventuale atterraggio.
Se dovesse di nuovo planare è bene consegnarlo ad un centro di recupero che si possa occupare della sua salute. Solitamente la maggior parte dei giovani si trova in un semplice stato di deperimento organico dato dal digiuno, invece gli adulti sono spesso soccorsi in seguito ad scontri accidentali con i vetri che comportano purtroppo con un’elevata frequenza dei traumi cranici e li portano di sovente alla morte.
Anche se il suo stato di conservazione non è in pericolo ed è ancora comune scorgerlo solcare i cieli della bella stagione insieme a rondini (Hirundo rustica) e balestrucci (Delichon urbicum), se ne registra da tempo un sensibile calo per la diminuita disponibilità di insetti in conseguenza dell’impiego indiscriminato di pesticidi. Dunque per proteggere questi straordinari volatili è sicuramente necessario preservare l’ambiente, gli elementi architettonici delle case che costituiscono per loro i siti di nidificazione, potenziare i centri di recupero (poiché soprattutto nel periodo estivo vengono rinvenuti centinaia) affinchè siano correttamente gestiti e successivamente rilasciati in natura, nonché diminuire l’uso dei pesticidi nelle colture.
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Bibliografia:
- Pierandrea Brichetti, Luigi Cagnolaro e Fernando Spina, Uccelli d’Italia, Giunti editore, 1994.
- Lars Svensson, Guida degli uccelli d’Europa, Nord Africa e vicino oriente, Ricca Editore, 2009.
- Ulrich Tigges, The Common Swift: Records and phenomina, su Commonswift Worldwide.
- Ulrich Tigges, The Common Swift (Apus apus L.): Basic information, su Commonswift worldwide.
- Rattenborg NC, Amlaner CJ, Lima SL, Behavioral, neurophysiological and evolutionary perspectives on unihemispheric sleep (PDF), in Neurosci Biobehav Rev, vol. 24, 2000, pp. 817–842.