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Pesca sostenibile in Italia: l’esperienza di un giovane pescatore

Riccardo Camponovo è una guida di pesca iscritta all’Associazione Italiana Guide Professionali di Pesca (A.I.GU.P.P) che riunisce le guide che operano nel settore del turismo legato alla pesca ricreativa. Indirizzato dal nonno da cui ha ereditato questa passione, Riccardo ha iniziato a pescare fin dall’infanzia e negli anni successivi ha affinato la sua tecnica fino a diventare una guida di pesca.

La redazione di Vet’s Pills ha intervistato questo giovane pescatore per spiegare come funziona la pesca sostenibile e perché è così importante.

Innanzitutto chiariamo alcuni concetti: cosa significa pesca sostenibile?

Il termine sostenibile rappresenta qualcosa che può essere ripetuto nel tempo, di conseguenza la pesca sostenibile indica la persistenza dei pesci nell’oceano produttivi ed in salute. Per raggiungere questo fine, è necessario che non tutto il pescato venga trattenuto in modo tale da assicurare l’attività ittica in maniera continua nel tempo e permettere a tutti i pescatori di avere le medesime possibilità di riuscire a prendere un pesce. “La pesca è una sorta di sfida tra te e il pesce” – ci spiega Riccardo Camponovo – “se dovessi tenere tutto il pesce che ho pescato, il pescatore che si trova più in basso del torrente di me avrà meno possibilità di pescare qualcosa e la probabilità sarà ancora più bassa per il pescatore successivo”.
Un’altra particolare caratteristica è di ridurre l’impatto ambientale: l’attività ittica deve essere condotta adottando il buonsenso, quindi facendo particolare attenzione preservando le specie ittiche (e non solo) nonché l’habitat naturale in cui vivono gli animali.

Quali sono le accortezze da adottare se si vuole praticare una pesca sostenibile?

Lo spinning e la pesca a mosca sono delle tecniche di pesca che si effettuano lanciando e recuperando delle esche artificiali. Queste particolari esche sono a forma di pesce e simulano una preda in difficoltà, evitando l’utilizzo di esche vive. Possono essere di varia lunghezza, forma e colore in base al tipo di canna che si utilizza ed altri particolari fattori come la tipologia di pesce che si vuole pescare o semplicemente se si pesca in mare o in acque dolci. Sono molto importanti nella pesca sostenibile perché permettono di fermare l’amo artificiale nell’apparato boccale ed impedire che il pesce inghiottisca l’esca. Con un’esca viva invece è più probabile che il pesce ingoi l’amo, in questo caso si deve ricorrere a tagliare il filo e sperare che non abbia intaccato nessuna parte vitale e che con il tempo riesca a eliminarlo.

Esempio di esca artificiale

Un altro fattore importante è l’utilizzo dell’amo senza ardiglione: l’ardiglione è una parte dell’amo che impedisce l’uscita di quest’ultimo dalla bocca dell’animale pescato, ma lo svantaggio più grande è che in questo modo il pesce subirà delle lacerazioni nell’apparato boccale e un trauma non indifferente. L’amo senza ardiglione permette invece di sfilare l’amo con più facilità semplificando il rilascio del pescato e causerà solamente una leggera ferita che si rimarginerà dopo un paio d’ore, senza causare particolare dolore o traumi all’animale.

Il terzo fattore importante e da non sottovalutare è una corretta gestione del pesce una volta pescato: sicuramente la cosa più ovvia da fare è quella di mantenere il pesce in acqua o alzarlo solo per qualche secondo, ma non solamente per permettere all’animale di poter respirare, ma anche per una questione di temperatura e umidità sia dell’ambiente che di noi stessi, che hanno valori diversi rispetto all’ambiente acquatico. Quando si deve alzare un pesce quindi, è importante avere alcune accortezze e manipolare l’animale con le mani bagnate sia per evitare uno shock termico ma anche per non togliere la mucosa che riveste la sua superficie esterna e ha la funzione di proteggerlo dai batteri. Prima di rilasciare definitivamente il pescato nel suo habitat naturale, è necessario far riossigenare l’animale tenendolo in acqua per qualche secondo ed osservando il suo comportamento: se l’animale rimane immobile non dobbiamo liberarlo perché potrebbe essere trasportato via dalla corrente e sbattere contro qualche roccia; bisogna aspettare fino a quando il pesce si muoverà in maniera autonoma e riuscirà ad allontanarsi da solo.

Secondo te qual è la situazione italiana riguardo quest’ambito?

“In Italia esistono poche leggi che tutelano il nostro patrimonio ittico e inoltre nella maggior parte dei casi nessuno le segue” – ci spiega Riccardo e continua – “Negli ultimi tempi si sta iniziando a salvaguardare il patrimonio ittico, ma siamo ancora molto indietro rispetto ad altri stati che vivono sulla pesca dal punto di vista turistico e non industriale come la Norvegia, l’Alaska o la Slovenia. Quest’ultima in particolare ha dei permessi di pesca molto alti e delle guide di pesca altamente formati, inoltre ha delle multe salate ed una sorveglianza sui tratti di fiume, cosa che da noi non esiste”.

Inoltre non vi è una vera e propria tutela delle specie autoctone, ovvero degli animali appartenenti a quella regione, come la Trota Marmorata o il Temolo Pinna Blu in cui ne esistono solamente poche specie.

Per fortuna in Italia esistono delle Associazioni di pescatori finalizzate al recupero delle specie in via di estinzione come la Trota Marmorata che utilizzano la tecnica della pescicoltura, in cui gli animali vengono utilizzati per il ripopolamento dei corsi d’acqua.

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