La castrazione del verro ha una storia antichissima, con evidenze che venisse praticata già nel neolitico, ben 4000 anni fa. Molteplici sono i vantaggi: animali più docili, che crescono più rapidamente e carni prive di quel sapore sgradevole associato agli ormoni maschili, il cosiddetto ‘odore di verro’. Tuttavia, oggi ci si interroga sempre di più sull’effettiva necessità di tale procedura, in un contesto in cui l’opinione pubblica è sempre più interessata al benessere delle specie allevate e in cui numerose evidenze scientifiche hanno ampliato le nostre conoscenze sulla percezione del dolore sulla sensibilità degli animali. Una castrazione senza bisturi, ovvero l’immunocastrazione, potrebbe essere una valida alternativa.
L’attuale posizione dell’Unione Europea sulla castrazione dei suinetti
Secondo la Direttiva 120/2008, entro i 7 giorni di vita, la castrazione nel suinetto può essere effettuata da una figura professionalmente formata senza applicare né l’anestesia né l’analgesia, mentre dopo 7 giorni, deve essere eseguita in anestesia e analgesia prolungata da un veterinario. A queste regole, non sorprende che per praticità ed economia la maggior parte degli allevatori operi senza alcun trattamento antidolorifico, il che comporta alti livelli di stress e dolore nel suinetto. Di conseguenza, nel 2010 è stata firmata dall’EU la Dichiarazione di alternative alla castrazione, con due obiettivi: interrompere, a partire dal 2012, la castrazione chirurgica senza l’uso di anestesia e/o analgesia e, dal 2018, abolirla in tutti i Paesi membri. In quest’ottica, agli allevatori restano due alternative: allevare maschi interi (non castrati) macellandoli prima del consolidamento dell’odore di verro oppure praticare l’immunocastrazione.

Che cos’è l’immunocastrazione?
Si tratta di una tecnologia sviluppata e già ampiamente utilizzata da dieci anni in Australia che ha l’effetto di arrestare la funzionalità dei testicoli, attraverso la stimolazione di una risposta immunitaria verso l’ormone che regola l’attività riproduttiva degli animali: l’ormone di rilascio delle gonadotropine o GnRH. Attraverso due somministrazioni di questo vaccino, il suino maschio perde le caratteristiche sessuali, i testicoli regrediscono, diminuiscono i comportamenti aggressivi e nella carne non si sviluppano gli odori anomali da verro.
L’attuale situazione in Europa e in Italia e le prospettive future
In seguito alla Dichiarazione di alternative alla castrazione del 2010, i Paesi membri si sono mossi per raggiungere gli obiettivi prefissati dell’abbandono della castrazione chirurgica, e migliorare il benessere degli animali. Nonostante l’allevare maschi interi a pesi inferiori (6 mesi di età) sia la scelta che trova più consenso e su cui si sta fondando molta dell’industria suinicola al momento, per alcuni Paesi come l’Italia, la quale è nota per la produzione di prosciutti (salumi che richiedono animali di 9 mesi di età), non castrare non è una possibilità, poiché l’odore di verro renderebbe le carni non accettabili al consumatore. Protocolli sperimentali sono tuttora in corso per comprendere come applicare l’immunocastrazione nei nostri allevamenti e stabilire se sia meglio incrementare le dosi vaccinali a tre o più; la ricerca continua, sostenuta da un’indagine preliminare che ha dimostrato che i consumatori italiani sono già favorevoli, trattandosi di alternative finalizzate a ridurre la sofferenza dei suinetti.
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