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Difendersi contro le malattie infettive: immunità passiva naturale e artificiale

Siamo costantemente esposti ad agenti patogeni (virus, batteri, protozoi, parassiti) che potrebbero danneggiare l’organismo e che, pertanto, richiedono un costante monitoraggio da parte del sistema immunitario. Le cellule preposte a questo scopo, conosciute come globuli bianchi, sono molteplici: dai granulociti e ai macrofagi, responsabili della difesa aspecifica dell’organismo, fino ai linfociti e alle plasmacellule, coinvolti nella difesa specifica e nella produzione di anticorpi, delle strutture in grado di riconoscere antigeni di agenti patogeni e di agevolarne l’eliminazione. Affinché questo secondo sistema difensivo dell’organismo si attivi, però, è necessario in primo luogo completare lo sviluppo immunitario e, in secondo luogo, essere esposti a questi antigeni: per tale ragione, esseri umani e animali vengono protetti attraverso la profilassi vaccinale, il cui obiettivo è quello di somministrare antigeni di diverse malattie infettive per stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi che assicurino una difesa adeguata.

Ma cosa accade quando l’organismo non è ancora pronto o maturo quanto basta per produrre questi anticorpi? E’ possibile somministrare anticorpi già pronti all’uso? La risposta, cari lettori, è sì e questo fenomeno è conosciuto con il nome di immunità passiva. Sebbene si tratti di un meccanismo naturale che consente alla madre di fornire una prima difesa alla prole, oggi è ampiamente sfruttato in medicina per trattare alcune malattie infettive in caso di emergenza.

L’immunità passiva naturale

La maggior parte delle specie animali, al momento della nascita, non è ancora completamente sviluppata e, di conseguenza, i cuccioli non sono in grado di difendersi da molte malattie infettive che possono contrarre dall’ambiente circostante. Per garantire loro una forma, per quanto minima, di difesa, l’evoluzione ha consentito ad alcune specie di sviluppare una placenta che consenta di trasferire agli embrioni, già durante la gestazione, delle immunoglobuline (anticorpi) sintetizzati dalla madre; è il caso delle specie con placenta endoteliocoriale ed emocoriale, come cani, gatti, conigli, primati e persino l’uomo. Ma non finisce qui: questo trasferimento di difese immunitarie prosegue con l’allattamento, fase delicata durante la quale i neonati di tutte le specie animali ricevono prima il colostro, un alimento liquido prodotto dalla madre prima del latte e che è caratterizzato da un elevato contenuto di anticorpi, e poi il latte, contenente anch’esso immunoglobuline, seppure in quantità inferiore.

Poiché questi due fenomeni avvengono spontaneamente in natura, rientrano nel concetto di immunità passiva naturale, la cui definizione è per l’appunto il trasferimento di anticorpi pronti all’uso dalla madre alla prole in maniera del tutto naturale, senza intervento umano. Tuttavia, è bene ricordare che l’immunità passiva naturale può rappresentare un’arma a doppio taglio per i nostri animali domestici: infatti, finché le immunoglobuline materne continuano a circolare nell’organismo del cucciolo, il suo sistema immunitario non sarà stimolato a produrre nuovi anticorpi. Ma allora come fare per proteggere i nostri pet e le specie zootecniche? Una vaccinazione non sarebbe sufficiente, perché gli antigeni iniettati reagirebbero con gli anticorpi materni, rendendo la somministrazione di fatto inutile. E’ per questo che per ogni malattia sono previsti dei richiami, cioè vaccinazioni ripetute a distanza di periodi di tempo prestabiliti che consentano prima di sbarazzarsi delle immunoglobuline materne e successivamente di sollecitare il sistema immunitario del cucciolo a produrne di proprie.

Ovviamente tutto ciò ha delle ripercussioni importanti: finché il cucciolo non completa tutto il programma vaccinale e riceve tutte le iniezioni previste, non sarà protetto; quindi, cari proprietari, evitate di esporre i vostri simpatici amici a potenziali fonti di rischio, come le aree cani o i parchi frequentati da molti animali, fino a quando il veterinario non vi comunicherà che il vostro Fido non corre più alcun pericolo. Abbiate fiducia nel medico, ascoltatelo e ponetegli tutte le domande che ritenete opportune.

L’immunità passiva artificiale

All’inizio dell’articolo abbiamo poi spiegato che l’immunità passiva può essere sfruttata anche in medicina per la cura tempestiva di alcune malattie infettive in situazioni di emergenza. Ebbene, l’uomo ha imparato a produrre in laboratorio anticorpi già pronti all’uso, estraendoli da altri animali o sintetizzandoli; questi preparati altamente specifici possono essere somministrati ai pazienti per il trattamento di malattie quali la rabbia o il tetano. Lo scopo è fare in modo che il sistema immunitario del soggetto colpito si accorga immediatamente della presenza degli agenti patogeni e riesca a eliminarli già alla prima esposizione e quindi prima che le difese immunitarie specifiche, fornite da linfociti e plasmacellule, possano entrare in azione.

Anche in questo caso, però, l’immunità passiva (a cui aggiungeremo l’aggettivo “artificiale”) porta con sé dei rischi: il sistema immunitario del paziente, infatti, può riconoscere come elementi non self, ovvero estranei e dunque potenzialmente pericolosi, gli anticorpi iniettati artificialmente. Inizia quindi ad attivarsi l’immunità specifica con produzione di anticorpi specifici in grado di riconoscere e aggredire gli anticorpi somministrati per la terapia. Il risultato? Qualora il nostro sfortunato paziente abbia nuovamente bisogno di una iniezione di immunoglobuline, bisogna prestare molta attenzione, perché potrebbe svilupparsi una reazione immunitaria che renderebbe inefficace se non dannosa la terapia. Oggi molti ricercatori stanno cercando delle soluzioni per aggirare questo problema, provando, per esempio, a produrre anticorpi tronchi che non vengano riconosciuti dal sistema immunitario del paziente.

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