La cura degli animali d’affezione può risultare ad occhi profani assai complessa, essa si distingue per essere la medicina delle anime senza parole; sovente infatti i nostri amici a quattro zampe non mostrano sintomi eclatanti del loro malessere fino al momento in cui i sistemi di compensazione dell’organismo crollano sotto il peso delle innumerevoli perdite di funzione organica degli apparati. Spesso, arrivati a questo stadio della malattia, la prognosi è da considerarsi infausta.

Il linfoma canino è una di quelle patologie che si può identificare in questo quadro insidioso; si tratta di un tumore delle cellule linfoidi, alcune delle cellule deputate alla difesa dell’organismo, colpisce principalmente i linfonodi e l’eziologia risulta per lo più sconosciuta benché siano stati presi in esame molti fattori. Nell’85% dei casi della specie canina la localizzazione anatomica è da considerarsi primariamente multicentrica (Ovvero sviluppatasi contemporaneamente in più sedi anatomiche diverse tra loro), si riscontra con minore frequenza la localizzazione primaria in altre sedi, in questo caso il linfoma viene definito extranodale.
Esso colpisce con maggiore frequenza soggetti adulti o anziani ed in un ampio numero di casi essi si presentano come cani relativamente sani con linfoadenopatia (Una trasformazione patologica qualsiasi dei linfonodi) generalizzata il cui riscontro è talvolta incidentale. Questa neoplasia nella sua presentazione clinica può essere silente con la sola presenza di linfoadenomegalia (Aumento di volume dei linfonodi), oppure questa può essere riconducibile a sindromi paraneoplastiche secondarie al tumore stesso, in ogni caso riflette generalmente la localizzazione anatomica individuale per cui si possono riscontrare nei pazienti un gran numero di segni clinici differenti a seconda degli organi e degli apparati maggiormente compromessi.
Essi quindi possono essere aspecifici ed includere: inappetenza, perdita di peso e letargia. Se la patologia si presenta nel suo stadio più avanzato, vi è un invasione del tumore primariamente originatosi dalle cellule del tessuto linfatico verso i più disparati distretti dell’organismo, tra cui l’encefalo (Nel caso di linfomi extranodali originatisi dal sistema nervoso centrale, la sintomatologia neurologica può essere uno dei primi segni clinici).
Purtroppo i soggetti non sottoposti a terapia sopravvivono in media 4-6 settimane sebbene possano esservi variazioni significative della prognosi a seconda della località e del grado di stadiazione della neoplasia.

In generale il linfoma è una malattia sistemica e richiede dunque un approccio chemioterapico. E’ da notare che il linfoma mostra inizialmente una percentuale di risposta al farmaco chemioterapico che sfiora il 90% e la stragrande maggioranza dei proprietari ritiene che i trattamenti migliorino la qualità della vita dei pazienti, sfortunatamente però la maggior parte degli animali soccombe alla successiva recidiva che risulta resistente al protocollo farmaceutico (Solo la caratterizzazione dello stadio clinico e dell’immunofenotipo B o T permette di prognosticare il tempo libero da malattia ed è necessaria per decidere quali chemioterapici utilizzare).
Per lo sviluppo di un protocollo efficace devono essere presi in considerazione molti fattori, non ultimi quelli che includono i costi, il tempo che si può dedicare all’animale, la tossicità e l’esperienza del clinico, per cui è necessario rivolgersi ad un veterinario specializzato. Difatti i protocolli più complessi garantiscono tempi più lunghi di sopravvivenza benché siano più costosi, necessitino di un monitoraggio più intenso e causino più facilmente reazioni avverse.
I protocolli attualmente utilizzati ricalcano perlopiù il protocollo CHOP sviluppato inizialmente per uso oncologico umano; esso rappresenta una combinazione di ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone. Purtroppo la recidiva è quasi certa, tuttavia in questo stadio della malattia vengono applicati dei protocolli Rescue atti a prolungarne la sopravvivenza, sempre nel rispetto della qualità di vita dell’animale.
Per quanto riguarda la manifestazione delle crisi convulsive, sebbene rinvenirle in associazione a questa neoplasia sia piuttosto sporadico data la bassa incidenza del linfoma a livello intracranico, esse si possono attribuire principalmente a due meccanismi patogenetici principali: l’invasione fisica delle strutture nervose da parte del tumore, che sia esso di natura primaria (quindi extranodale) o secondaria (ovvero non originatasi dal tessuto nervoso e dunque di matrice metastatica come ultima stadiazione di un linfoma multicentrico) e/o alla condizione ipoglicemica definita come sindrome paraneoplastica (Entità clinico-patologica dovuta alla presenza di un tumore nell’organismo ma che non è conseguenza dell’invasività locale o dello sviluppo di metastasi) generata dalla neoplasia stessa.

Per quanto riguarda invece la frequenza di questo quadro clinico, in uno studio retrospettivo trasversale su 68 cani con neoplasia intracranica (confermata istopatologicamente), 42 soggetti hanno mostrato convulsioni legate al tumore ma solo 5 di questi presentavano il linfoma; inoltre è da notare che tra le neoplasie con localizzazione encefalica che si rendono poi colpevoli degli accessi convulsivi, circa il 50% è di natura secondaria e di questi il linfoma equivale al 12% del totale. Sulla base delle analisi svolte nello studio i fattori di rischio per le crisi convulsive associate alla neoplasia intracranica erano i risultati della risonanza magnetica coerenti con la presenza di tessuto neoplastico nel lobo frontale.
In conclusione, purtroppo, questa patologia è quasi sempre progressiva e infine fatale; la terapia raramente cura la malattia e solo il 20-25% dei cani rimane in vita a distanza di due anni dal trattamento, ma una diagnosi precoce (che consente di rinvenire la malattia ad uno stadio di malignità minore) favorisce certamente un aumento del periodo di remissione.
Bibliografia:
- Ettinger, Stephen J., Edward C. Feldman, and Etienne Cote. Textbook of Veterinary Internal Medicine-eBook. Elsevier health sciences, 2017.
- SCHWARTZ, M., et al. Canine intracranial neoplasia: clinical risk factors for development of epileptic seizures. Journal of Small Animal Practice, 2011, 52.12: 632-637.
Si ringrazia la Dott.ssa Valentina Rinaldi per il prezioso supporto.
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